martedì 25 luglio 2017

#Focus [3] Celtic: la società punisce gli ultras, settore chiuso due partite


Squalificati Ultras in castigo, così in tre semplici parole si può descrivere ciò che è successo alla Green Brigade, ossia la frangia ultras del Celtic, nonché la sezione più calorosa, e colorata, dello stadio, facilmente distinguibile  per come i suoi componenti accompagnano la partita con cori e rulli di tamburi. Squalificati appunto, il loro settore ( 900 posti circa ) rimarrà chiuso per due partite, oltre al divieto di trasferta per i suoi membri per l'imminente amichevole degli hoops a Sunderland, e per la trasferta norvegese di Champions League.



Storia Fondata dieci anni fa, la Green Brigade è una "mosca bianca" all'interno del tifo britannico/irlandese, dove i gruppi ultras sono relativamente pochi, e lasciano spazio più alle firm, diverse nel modo di accompagnare i match e nello stile in generale.

Politicamente schierata, filo-irlandese, anti-razzista, da sempre contro il settarismo, ma, anche, contro le istituzioni del calcio europeo. Questa lotta verso l'Uefa e i governanti del calcio del vecchio continente hanno portato gli ultras a scontrarsi contro il board della società, poco incline a farsi trascinare in un certo tipo di polemiche.



Cosa è successo? Nel match di Champions League giocato mercoledì scorso contro il Linfield, la Green Brigade ha esposto, tra gli altri striscioni, un due aste raffigurante un militante dell'Ira, l'Irish Republican Army, l'esercito di liberazione dell’Irlanda del Nord. La società non ha perso tempo, ha dapprima emanato un comunicato che condannava l'esposizione di manifesti politici all'interno dello stadio, e successivamente ha emanato la squalifica descritta sopra



Era necessario? No, a parer mio il comunicato del Celtic bastava ed avanzava. Gli stadi, in Inghilterra in Primis ma anche in Scozia, si stanno trasformando in teatri, dove il tifo è ormai relegato a pochi intimi, dove lo spettatore sta sostituendo gradualmente il tifoso, vuoi per i prezzi faraonici, vuoi per la censura applicata in modo maniacale e sproporzionata.

Scommettiamo che la querelle tra società e Green Brigade non finirà qua ? L'impressione è che siamo solo alla prima puntata.

Bobby Burns

lunedì 17 luglio 2017

#Tennis [1]: Andy Murray, Alex Salmond e quella bandiera scozzese


Il 7 luglio 2013 Andy Murray sconfigge per tre set a zero il serbo Novak Djokovic, conquistando così il torneo di Wimbledon. Murray è nella storia del tennis: è il primo tennista britannico a vincere il prestigioso torneo di casa 77 anni dopo l'ultimo trionfo di un connazionale, avvenuto per mano di Fred Perry nel lontano 1936. Fine dell’attesa, un intero Regno è in festa, l’Union Jack può sventolare. Non proprio. Le telecamere inquadrano la tribuna, vanno a cercare David Cameron, all’epoca il primo ministro britannico, che applaude il beniamino di casa, ma dietro alla sua testa spunta una Croce di sant’Andrea bianca su sfondo blu: è Alex Salmond a sventolarla, primo ministro SCOZZESE. La foto fa il giro del mondo, Salmond ottiene critiche ed applausi, ma non importa, l’importante è far parlare di se, il referendum sull’indipendenza infatti si terrà un anno più tardi. Come è andato il referendum YesScotland è risaputo, Salmond e lo Scottish National Party non riusciranno a portare a termine la loro missione, ma rimarrà indelebile l’orgoglio dell’ex primo ministro scozzese che ricorda ai sudditi della regina che Murray è scozzese, ed in secondo luogo britannico. Senso di appartenenza ed orgoglio in uno scatto. Alba gu brath.
Ps.: in una intervista del 2014 Murray criticherà il gesto di Salmond. Murray poco prima del referendum twitterà a favore dell’indipendenza. Lo stesso tennista scozzese rilasciò dichiarazioni di amore verso la Gran Bretagna, alludendo al fatto che se la Scozia avesse conquistato l’indipendenza lui avrebbe comunque continuato a giocare la Coppa Davis con il Regno unito. Politically correct.

Bobby Burns

giovedì 13 luglio 2017

#EuroScozia[1] McInnes: il mio lavoro all’Aberdeen non è ancora finito



Derek McInnes, il manager dell'Aberdeen, nelle dichiarazioni di inizio stagione non si è nascosto: l'obiettivo della sua squadra è raggiungere la fase a gironi dell'Europa League. Compito arduo, diventato quasi una chimera per le squadre scozzesi impegnati nella competizione seconda competizione continentale, vedi gli esempi recenti di Rangers e St. Johnstone, già fuori dai giochi.

Manager McInnes, reduce dallo sfavillante secondo posto in campionato ed una finale di Scottish Cup persa all'ultimo minuto, era (ed è) finito sul taccuino di numero squadre del Regno Unito. Il Sunderland, squadra fresca di retrocessione in Championship ma con l'obiettivo primario di tornare prontamente in Premier, in estate ha sondato il terreno all'Aberdeen per averlo, ma contrariamente alle previsioni di tifosi ed addetti ai lavori, ha risposto picche: "il mio lavoro qui non è ancora finito, ringrazio dell'interessamento ma resto qua”. Epocale, un giocatore/manager scozzese che non si trasferisce a sud del Vallo di Adriano è merce più unica che rara.

Perdite sanguinose Sono undici, ad oggi, i giocatori che hanno lasciato Pittodrie. Hayes e McGinn, il primo passato ai rivali del Celtic, il secondo "emigrato" in Corea del Sud, sono le perdite più sanguinose, due assoluti protagonisti delle ultime stagioni, giocatori capaci di far saltare il banco e fare la differenza nei momenti difficili. A loro si aggiungono Pawlett e Jack, le due anime del centrocampo, ed il baluardo difensivo Ash Taylor. In pratica McInnes ha perso la spina dorsale della sua squadra.

Arrivi Nomi importanti se ne sono andati ma chi è arrivato, a livello di bagaglio di esperienza e qualità, non ha nulla da invidiare ai loro predecessori. Ryan Christie, giocatore di proprietà del Celtic, ha rinnovato il contratto di prestito per un altro anno più, sempre dal club bianco-verde, è arrivato Gary Mackay-Steven, giocatore dalle grandi qualità che però nell'ultima stagione ha visto raramente il campo. Insieme a loro sono sbarcati la punta Nicky Mainard, giocato dalla grande esperienza, e Stewart, ex Dundee che nell'ultima stagione ha fatto molto bene in Championship nel Birmingham City. A questo punto è tutto nelle mani di McInnes: sarà riuscito ad amalgamare nel suo sistema di gioco i nuovi arrivi in tempo per questo doppio confronto europeo? 180 minuti per scoprirlo.

Bobby Burns